sabato 5 dicembre 2015

DIRE STRAITS "LOVE OVER GOLD" (1982)

Autori di un rock delicato e assestato sulle chitarre e la voce del leader Mark Knopfler, i Dire Straits hanno composto per "Love over gold" alcune delle songs più note della propria carriera, brani tra i quali spiccano non solo i meravigliosi quattordici minuti di "Telegraph road" ma anche la altrettanto celebre title-track, il cui videoclip è stato il primo trasmesso in Italia grazie alla celebre trasmissione "Mister Fantasy" condotta da Carlo Massarini. Il disco ha venduto oltre dieci milioni di copie in tutto il mondo, rendendo famosa anche la copertina firmata da Michael Rowe con l'ausilio fotografico di Alan Lobel e Peter Cunnigham. Un cielo notturno, cupo, squarciato da un lampo è l'immagine scelta per la cover, un'immagine dalle tonalità fredde che accentuano la silhouette della scarica elettrica. Uno scatto se vogliamo semplice nella struttura (anche se accattivante nella resa) come quasi tutte le copertina della band che mai hanno ecceduto in virtuosismi grafici come invece avveniva in fase creativa con gli assoli di Knopfler. Il retro della copertina riprende le tonalità frontali con un "focherello" sul quale viene sovrapposta una schermata computerizzata tanto di moda in quei primi anni ottanta, quando i personal computer stavano iniziando un ingresso sempre più esteso nelle case e negli uffici. Medesimo stile di scrittura è utilizzato per i credits legati al disco mentre i brani vengono presentati con un font sottile e semplice. Come detto, anche per "Love Over Gold" la semplicità creativa legata al packaging permette l'isolarsi ed erigersi a protagonista di un unico elemento che in questo caso è il fulmine. Un taglio immediato e improvviso nella compattezza del cielo, come gli assoli di chitarra erano soliti esplodere di colpo e in maniera repentina in mezzo a passaggi più tenui e complessi in tantissime canzoni dei Dire Straits, andando a dare una vera e propria "scossa" all'ascoltatore.


© Andrea Buongiorno - info@buong.it

sabato 14 novembre 2015

THE SMITHS "WHAT DIFFERENCE DOES IT MAKE" (1984)

Oggi facciamo un salto negli anni 80 e peschiamo una curiosa copertina dalla discografia degli Smiths, una delle band più amate di quel decennio e capitanata da Steven Morrissey che, oltre a esserne vocalist, curava anche l'artwork degli album della band. Proprio riguardo questo, Pat Reid asserì che il frontman fu il migliore autore di copertine negli anni 80. Personalmente non so dire se Reid esagerò nella sua affermazione ma sta di fatto che le copertine degli Smiths hanno sempre colpito per la loro singolarità, inseguendo uno stile grafico preciso e coerente che le rese immediatamente riconoscibili nonostante i membri della band non ne prendessero quasi mai parte. Protagonisti delle covers, spesso bicromatiche e senza testi a parte il nome della band e il titolo del disco, erano personaggi noti del cinema, della musica o della letteratura che lo stesso Morrissey sceglieva (tra i tanti ricordiamo Elvis Presley, James Dean e il sexy attore Joe Dallesandro) ma non è mancato anche l'uso di fotografie tratte da vecchie riviste di moda. Secondo Geoff Travis (capo dell'etichetta Rough Trade) le copertine erano parte integrante del gruppo e alle stesse lavorava autonomamente Morrissey coadiuvato da Jo Slee che nel 1994 pubblicò anche un volume dedicato a quella collaborazione dal titolo "Peepholism: Into the Art of Morrissey".

La copertina che sempre mi ha incuriosito è quella del 45 giri "What difference does it make" che presentava in copertina un frame tratto dal film "Il collezionista" con Terence Stamp. Il diretto interessato, come altri personaggi quali George Best e Harvey Keitel non fu però felice della sua presenza in copertina e negò il consenso al suo utilizzo chiedendo (e ottenendo) il cambio dell'immagine per le future ristampe. Morrissey con grande ironia e inventiva, si fece quindi fotografare nella stessa posa di Stamp e con medesime espressioni e abbigliamento: l'unica differenza in questa citazione era data dal bicchiere che nel caso di Morressey conteneva del semplice latte mentre nel film nel quale Terence Stamp impersonava un maniaco che addormentava delle donne rinchiudendole nella propria cantina, il bicchiere conteneva un tampone di cloroformio. Inutile dire che i fortunati possessori di una delle copie con la copertina originale di quella primissima edizione, posseggono un disco dal grande valore la cui copertina, accoppiata alla sua versione "riveduta&corretta" regala una delle più interessanti e ironiche creatività della discografia.


© Andrea Buongiorno - info@buong.it

giovedì 12 novembre 2015

MASSIMO ZAMBONI "L'INERME E' L'IMBATTIBILE" (2008)

Dopo alcune settimane torno a parlare di un packaging curato dal creativo emiliano Diego Cuoghi, storico autore negli anni 90 di tutte le copertine dei dischi del Consorzio Produttori Indipendenti. Quello di oggi è un packaging davvero particolare legato a un progetto interessante e in triplice veste firmato nel 2008 dall'ex chitarrista di CCCP e C.S.I.  Massimo Zamboni in quello che era il suo secondo disco solista. "L'inerme è l'imbattibile" è un elegante cofanetto cartonato che contiene ben tre supporti quali un cd musicale, un dvd video e un libricino nel quale l'autore reggiano spiega e descrive luoghi e motivi raccontati nei due precedenti supporti già citati.  Graficamente il packaging riprende quanto già visto in "Sorella sconfitta" lasciando come assoluta protagonista l'opera "Il fabbricante di cuffie" di Beatrice Pasquali che occupa la copertina del cofanetto e sopratutto l'intera parte interna delle tre ante. Proprio all'interno vi sono due tasche che accolgono il dvd e il disco sonoro inserito in una ulteriore confezione cartonata (affinchè possa essere portato in auto separatamente dal cofanetto). Sulla terza facciata esterna troviamo un grande (mezzo) primo piano di Zamboni sovrapposto ad alcuni testi mentre la prima anta ha una cavità nella quale è inserito il libricino (che ha le dimensioni di un A5) sulla cui copertina campeggia un logo di Lazzaro Ferrari che simula due figure molto stilizzate che si vanno ad incontrare. Il libro all'interno presenta brevi racconti, i testi dei brani del disco e i credits dello stesso, nonchè alcuni appunti sui contenuti del dvd. Insomma "L'inerme è l'imbattibile" propone un packaging davvero ricco per un progetto visivo/letterario/musicale che rimarca l'assoluta intelligenza creativa dell'opera di Massimo Zamboni recentemente insignito del Premio Manzoni 2015 per il suo romanzo "L'Eco di uno sparo".


© Andrea Buongiorno - info@buong.it

sabato 7 novembre 2015

QUEEN "MADE IN HEAVEN" (1995)

Non è mia usanza dedicare due post consecutivi ad uno stesso artista ma è di oggi la ricorrenza del ventennale di "Made in Heaven", l'ultimo album in studio dei Queen, pubblicato postumo alla scomparsa di Freddie Mercury avvenuta nel 1991. Non sarò certo qui a parlare della genesi e dei tantissimi significati di un album cult ma come è facile immaginare, la relativa copertina è diventata una delle più note della discografia della band e della discografia rock internazionale in genere.

L'artwork di "Made in Heaven" porta la firma di Richard Gray e accoglie all'interno del booklet alcune bellissime fotografie in bianco e nero di Douglas Puddifoot e Neal Preston che ritraggono Freddie Mercury in compagnia degli altri membri della band. Al di là di queste immagini, la grafica interna è un normale susseguirsi di pagine celesti con impressi i testi e i credits dell'album, poca cosa valutando che l'assoluta protagonista grafica è la copertina (anch'essa firmata da Gray) che in uno scatto panoramico (diviso tra fronte e retro del packaging) raccoglie tutti gli elementi che hanno contraddistinto gli ultimi mesi di vita del frontman, ritiratosi presso la sua dimora (denominata "Duck House") sul lago di  Montreax (località presso la quale i Queen disponevano da anni di un proprio studio di registrazione presso il quale furono registrate le ultime tracce vocali del cantante). Proprio una spettacolare scenografia dell'alba sul lago svizzero fa emergere le emozionanti silhouette della "Duck House" e della grande statua dedicata a Freddie Mercury realmente presente nella piazzetta cittadina. Il significato del disco (letteralmente "realizzato in paradiso" o "segno del destino") accomunati all'immagine che trasuda pace, silenzio e serenità fanno esplodere nell'osservatore una forte emozione anche in virtù di quello che simboleggia il luogo e ciò che suggerisce la presenza della statua, omaggio da sempre nei secoli, di personalità ormai passate ma consegnate all'eternità (cosa rafforzata dal senso di pace, già descritto, che suggerisce la composizione fotografica). Sul retro il paesaggio prosegue fino all'innalzamento delle montagne, verso le quali si volgono gli sguardi di Brian May, John Deacon e Roger Taylor (i restanti Queen). Di intensità unica e bellezza assai rara, la copertina estesa di "Made in Heaven" (che potete ammirare qui in basso) è un capolavoro creativo in ambito musicale per scelta di location, luce, montaggio, significato e lettura.



Valutando la prima edizione del disco, la custodia era impreziosita dalla costina in plastica nera laterale alla copertina, che esibiva una serie verticale in rilievo di "Q" (estrapolate dal celebre logo della band) e che potete notare nella prima foto in alto al post. Inoltre all'interno del booklet era presente un allegato cartaceo a due ante con l'intero catalogo cd-dvd dei Queen che riportava sull'ultima facciata anche la menzione del sito web ufficiale della band, in un periodo assolutamente pionieristico per la comunicazione attraverso internet. Nelle edizioni successive non sono state più riproposte nè costina personalizzata, nè allegato interno ma nella release del 2011, "Made in Heaven" fu tramutato in un doppio album con l'aggiunta di un disco EP.

Tra le altre versioni di questo album voglio menzionare quella in musicassetta (foto a sinistra) che aveva la particolarità di mostrare nella sua interezza lo scatto di Richard Gray con un esito grafico/emotivo abbastanza dispersivo secondo me, una sorta di scena speculare con la centro la Duck House (sicuramente non l'elemento più importante dell'immagine). Splendida è invece la versione LP con il famoso vinile color crema (immagine in basso a sinistra). Questa edizione aveva una particolarità (ripresa in molte edizioni successive) quella di mostrare non l'immagine di copertina scattata all'alba (presente su cd e musicassetta e della quale abbiamo già parlato) ma piuttosto quella del tramonto, che di fatto era stata utilizzata per la serigrafia sul dischetto nell'edizione cd (si  nota anche nella foto a fianco la completa diversità di luce e leggibilità dei particolari). Di "Made in Heaven" nelle successive versioni LP esistono diverse altre varianti nelle quali il vinile è del classico colore nero o nell'accattivante non-colore trasparente per la gioia dei collezionisti più accaniti.

Da una tracklist che mischia vecchi brani ri-arrangiati a registrazioni inedite effettuate da Freddie Mercury durante l'ultimo periodo della sua vita, furono estrapolati diversi singoli. Sicuramente quello che ebbe maggior successo (per composizione sonora e visiva) fu "Heaven for Everyone" che fu lanciata in Italia sui circuiti televisivi di MTV/Tele+3 dal video nella versione "Evolution" (che potete visionare a seguire) e sostituita poi dal video ufficiale che presentava diverse estrapolazioni cinematografiche dalle opere di Georges Melies. Con questo video concludo il post odierno dedicato ad uno dei dischi più emozionanti degli anni 90, divenuto in questi vent'anni, vera perla del collezionismo musicale.


© Andrea Buongiorno - info@buong.it

sabato 31 ottobre 2015

QUEEN "BOHEMIAN RHAPSODY" (1975)

Quella di oggi non è una data qualunque. 40 anni fa infatti, faceva capolino nella storia della musica uno dei brani più famosi dei Queen "Bohemian Rhapsody": un exploit clamoroso che vendette fino al Gennaio del 1976 più di 1 milione di copie (nonostante un'iniziale difficoltà a diffondere il pezzo via radio in virtù dei suoi 6 minuti di durata). Il brano, che sarebbe inutile per me descrivervi in quanto sullo stesso è già stato detto di tutto e di più, colpì non solo per la sua qualità tecnica capace di imperversare dalla ballata all'opera, passando per l'hard rock con accorgimenti psichedelici, ma anche per il celebre video che lo accompagnò a partire dalla primissima messa in onda e che erroneamente viene ritenuto il primo videoclip a scopo pubblicitario mai realizzato: in realtà qualcosa di simile era già stato realizzato dai Beatles, dagli ABBA e dal nostro Lucio Battisti ma è con "Bohemian Rhapsody" che il videoclip inteso come veicolo di promozione pubblicitaria ottiene il primo grande riscontro a livello commerciale.

Come detto il video è molto famoso (potete gustarvelo al termine del post) e gli effetti psichedelici di cui è ricco furono anch'essi girati in presa diretta con accorgimenti rudimentali per i nostri tempi ma dall'esito innovativo per l'epoca. La maggior parte delle riprese focalizzano sulla band che rifà il verso al celebre scatto di Mick Rock già utilizzato per la copertina dell'album "Queen II" del 1974 (scatto che a sua volta, come potete vedere a fianco, prendeva spunto dalla celebre fotografia di Marlene Dietrich firmata da Horst Paul Albert Bohrmann). Una curiosità è legata alla chiusura del disco, quando Rober Taylor suona il gong che di fatto chiude il brano: si tratta di un'allusione al logo della nota società di produzione cinematografica britannica Rank Organisation (clicca qui per visionarlo) che vedeva proprio un uomo nudo suonare il gong.

Naturalmente come ben sapete questo blog parla principalmente di copertine di dischi piuttosto che di videoclip ma riguardo il prodotto in sé, ci furono con le varie edizioni diverse copertine legate a questo singolo che presentava sul lato B il brano "I'm in love with my car". In alto a sinistra vedete la stampa italiana del singolo, con lo scatto già citato di Mick Rock; in Inghilterra invece la "first release" uscì con la cover che vedete a fianco. Un'immagine certamente più elegante e non solo per la composizione della fotografia della band virata verso tonalità desaturate ma anche per l'uso di caratteri di scrittura corsivi della famiglia "English" che verranno in seguito utilizzati anche per l'LP "A Night at the opera" che conterrà sia "Bohemian Rhapsody" che "I'm in love with my car".

Nonostante il passare del tempo e le 40 primavere, la "Rapsodia Boema" continua ad affascinare, a coinvolgere ed emozionare con medesima intensità, risultando oggi come allora un brano innovativo e perfetto biglietto da visita di una delle più grandi rock band di tutti i tempi.


© Andrea Buongiorno - info@buong.it

mercoledì 28 ottobre 2015

DANIELE SILVESTRI "MONETINE" (2008)

Anche per l'eclettico cantautore romano giunse nel 2008 un riepilogo della propria carriera artistica iniziata a metà anni novanta e proseguita per grandi successi radiofonici come "Salirò" e "Gino e l'alfetta". Il disco, intitolato "Monetine" è un elegante doppio album ottimamente curato graficamente in una confezione cartonata che trova nella copertina la maggiore espressione creativa. Prendendo spunto dal titolo della raccolta, su un fondo rosso, si poggiano decine e decine di piccole monete che vanno a disegnare con le loro diverse tonalità il primo piano di Daniele Silvestri. L'effetto è molto gradevole e interessante, anche perchè se la cover viene vista da vicino (meglio con aiutandosi con una lente), è leggibile la grafia di ogni singola moneta mentre, come detto, osservando la grafica da lontano su uno scaffale di un negozio di dischi, il viso di Silvestri è subito riconoscibile. Idea molto interessante e molto ben sviluppata. Interessanti sono anche i contenuti grafici interni con il retro della confezione (che mostra un tappeto orientale su cui sono inseriti i titoli dei diversi brani) e sopratutto con i due dischi sui quali compare un primo piano a "timbro" del cantautore e una illustrazione chiaramente ispirata al fabbro che una volta era impresso sulle cento lire ma che mostra in volto le fattezze di Daniele Silvestri. "Monetine" al di là dell'essere una raccolta di successi musicali (e già per questo importante come prodotto discografico), si propone ottimamente anche per i suoi contenuti creativi legati alla grafica: idee semplici ma messe splendidamente in pratica dal creativo Paolo De Francesco della MoltiMedia.


© Andrea Buongiorno - info@buong.it

martedì 27 ottobre 2015

SOON "SPIRALE" (1997)

Band milanese capitanata dalla voce di Odette Di Maio, i Soon trovarono un discreto successo commerciale a metà degli anni novanta, partecipando anche alla compilation di "Rock Targato Italia" nel 1998 con il brano "Gloria Suona" contenuto in questo album curato graficamente dallo Studio ProDesign Sergio Pappalettera di Milano (famosissimo studio creativo che ha firmato copertine per tantissimi altri artisti come Jovanotti, 883, De Andrè, Carboni, De Gregori, ecc...) con le elaborazioni di Ilaria Pella e le fotografie di Giovanni Canitano. Il titolo del disco "Spirale" ispira una serie di scatti e grafiche vorticose e psichedeliche che si infrangono nella variopinta immagine di copertina (cosa c'è di più vorticoso di una scala a chiocciola?) e nelle pagine in bianco e nero del booklet nel quale geometrie rotonde e sfumate accolgono i testi e le foto dei componenti della band, sempre ritagliate in perimetri elicoidali e sinuosi. La stessa grafica serigrafata sul dischetto riproduce una spirale sfocata e irregolare, perimetrata da un effetto a pallini caro alla grafica degli anni settanta. Curiosa è la custodia del cd che è sì nella classica composizione in plastica ma colorata di un riposante azzurro tenue.


Concludo questo breve articoletto con l'ascolto del brano "Settimane", forse il pezzo più noto dei Soon, contenuto nel disco "Scintille" (1996). Nonostante il loro fosse un mix di pop e rock orecchiabile ed energico, la parabola dei Soon fu breve visto che la band si sciolse con all'attivo solo due dischi e una manciata di brani inediti suonati durante l'ultimo tour del 1999.

Ai Soon è dedicata una pagina Facebook: www.facebook.com/SOON


© Andrea Buongiorno - info@buong.it

lunedì 26 ottobre 2015

BECK "SEA CHANGE" (2002)

Oggi parliamo di un personaggio camaleontico della scena alternativa internazionale che risponde al nome di Beck. Il cantautore americano (all'anagrafe Beck Hansen) pubblicò nel 2002 il suo capolavoro "Sea Change", a mio modesto parere il miglior disco uscito quell'anno nel mercato musicale. Beck è un personaggio che ha sempre cercato di rendere originali non solo le proprie composizioni ma anche le copertine dei propri dischi, strizzando sempre l'occhio verso una certa estetica vintage. Non deve quindi stupire se con "Sea Change", ci si imbatté in un esperimento già tentato in passato di immettere sul mercato un disco con diverse versioni della copertina, stuzzicando la golosità dei fan e dei collezionisti discografici. L'album infatti comparve sugli scaffali dei negozi di dischi in ben quattro versioni differenti; a sinistra ho deciso di porre la versione da me posseduta mentre in basso trovate le altre tre copertina e come potete notare, benchè seguano il medesimo indirizzo cromatico-pittorico, sono tre copertine dalla personalità molto diversa (a nota di cronaca devo dire che la versione più diffusa fu la variante in basso a destra mentre la più rara da reperire fu quella in basso a sinistra). L'artwork di "Sea Change" porta la firma di Jeremy Blake mentre in fase di design e direzione creativa le firme sono di Kevin Reagan e dello stesso Beck che studiarono un booklet interno allestito con diversi scenari grafici figli dei virtuosismi creativi presenti in copertina. Curiosamente metà del booklet fu invece stampato interamente argentato con il lungo elenco di credits, testi e titoli dei brani. Con la qualità elevata delle canzoni e la ricercatezza della sua multi-copertina, "Sea Change" si è ritagliato di diritto un posto tra i dischi consigliati per ogni amante della buona musica e della copertinistica più sfiziosa.


© Andrea Buongiorno - info@buong.it

sabato 24 ottobre 2015

BODY COUNT "BODY COUNT" (1992)


Forse molti di voi conoscono l'attore Ice T (pseudonimo di Tracy Marrow) per aver preso parte non solo a diversi film d'azione ma soprattutto per aver interpretato il detective "Fin" Tutuola nella fortunata serie TV "Law & Order: unità vittime speciali". Forse non tutti voi sapete che in realtà ICE T ha alle spalle una navigata carriera come artista rapper iniziata negli anni 80 ed esplosa a livello internazionale negli anni 90 dopo aver composto il brano "Body Count", primo esperimento di rap-metal che ebbe tale successo da convincere Ice T a creare una crew interamente composta da musicisti di colore (i Body Count appunto) e incidere un intero album di rap-metal senza non poche grane legate alla censura (dall'artista sempre combattuta attraverso testi sagaci e taglienti). La copertina di cui vi parlo oggi è proprio quella dell'esordio dei Body Count, un esordio col botto visto che l'album negli USA (ma non solo) godette di un grandissimo successo anticipando (insieme ad altri esperimenti firmati da Aerosmith e Anthrax) l'imminente nascita e diffusione della scena cross-over e nu-metal. A ogni modo, al successo del disco, contribuì anche la critica nordamericana che finì per censurare il brano di chiusura del disco "Cop Killer" (letteralmente "ammazza sbirri") di cui potete vedere il video in fondo al post e che racconta con violenta crudezza una rappresaglia vissuta dal punto di vista di un afro-americano che uccide un ufficiale della polizia di Los Angeles (cosa che scatenò le ire della NRA e degli attivisti pro forze dell'ordine). Dapprima l'etichetta discografica difese il suo artista, salvo poi appellarsi alla copertina del disco chiedendone una modifica che Ice T rifiutò: di fatto si arrivò alla rottura del contratto. Il nocciolo della questione era che la cover, firmata da Dave Halili, mostrava sul petto del personaggio ritratto un tatuaggio che riportava la scritta "cop killer".

Il disco, dopo un primo lancio sul mercato, venne di fatto ritirato e la copertina modificata prima di tornare sugli scaffali dei negozi con la scritta modificata in "body count". Inutile dire che i fortunati possessori della primissima versione (che vedete a lato nella versione in vinile in una foto reperita dal web
) dispongono non solo di una rarità ma anche di un disco fondamentale nel passaggio creativo che portò la musica estrema verso la contaminazione.

Chiudo il post con una curiosità: Ice T oltre a una corposa attività come difensore dei diritti di espressione artistica avversa alla censura, nel 1999 pubblicò l'album "7th Deadly Sin" che fu uno dei primi album della storia disponibili in formato mp3 prima dell'uscita nei negozi, anticipando di molti anni ciò che in seguito I-tunes ha reso "normalità".


© Andrea Buongiorno - info@buong.it

sabato 10 ottobre 2015

C.F.F. ... un grande ritorno con "Canti Notturni".

Chi mi conosce e segue sin da quando misi per la prima volta piede in rete, sa che in passato ho scritto per anni recensioni legate alla scena emergente italiana per diverse webzines. Di tutti gli artisti dei quali ho scritto, sicuramente quella al quale sono più legato è la band dei CFF e il Nomade Venerabile che una decina di anni fa, con il loro EP d'esordio "Ghiaccio" mi rapirono totalmente (cliccando QUI trovate nel mio vecchio sito, il mio articolo).

Oggi la band non può assolutamente più definirsi "emergente" (sempre che lo sia mai stata) e si presenta con una variazione importante nell'assetto (gli elementi sono diventati tre) e nel nome (ridotto al solo C.F.F.) per il nuovo disco "Canti notturni" che esce nei negozi di dischi il 15 Ottobre 2015. Visto l'affetto che mi lega a loro, vi lascio con piacere a seguire alcuni estratti del comunicato stampa ufficiale, invitandovi anche a vedere/ascoltare il primo singolo estratto dall'album "Come fiori" che trovate in fondo al post.

[...] Il 15 ottobre 2015 pubblicano il primo album “Canti notturni” (Maxsound Records / Audioglobe / Believe Digital), anticipato dal videoclip “Come fiori” realizzato dalla Vertigo Imaging di Enzo Piglionica, che cura anche foto e grafica del progetto. Le canzoni contenute in questo lavoro sono nate all’interno di una sala prove domestica, costruita con materiali di riciclo e di scarto e arricchita degli oggetti di scena (come i guantoni da boxe, il manichino o le luci neon blu) che per anni hanno riempito il furgone con cui i C.F.F. e il Nomade Venerabile hanno macinato migliaia di chilometri.

La scelta del titolo “Canti notturni” discende dalla centralità che le mille suggestioni provocate dalla notte rivestono nelle liriche e nelle atmosfere musicali dell’album, in bilico tra elettro-acustica e rock d’autore. La notte è il posto delle storie dimenticate, come quella del pugile sinti Rukelie, raccontata nel brano “Come fiori”; è il momento in cui i ricordi più intensi tornano a trovarci, come quelli illuminati dal sorriso di Livia Mezzapesa, giornalista musicale impegnata in tante battaglie sociali a cui è dedicata “Forse – in memoria di Livia Mezzapesa”; di notte ogni cosa si rivela e rivela ciò che si è veramente, in uno spazio-tempo liberato in cui riconciliarsi anche con le proprie ombre, le parole non dette, le scene incompiute, i sentimenti impigliati tra le parole dei testi di più d’una delle canzoni contenute in “Canti notturni”. La notte è soprattutto il luogo dove riprendono vigore i sogni, che dei C.F.F. sono da sempre motore ed orizzonte.

La produzione artistica di “Canti notturni” è curata da Max Caròla, già al lavoro con Enzo Avitabile, Franco Battiato, Chick Corea, Aerosmith, Roxette, Inxs... nel suo girovagare tra Londra, Parigi, Amsterdam, Napoli e Berlino. In alcune canzoni di “Canti notturni” inoltre ci sono le collaborazioni di Roberto Angelini, Paolo Archetti Maestri (autore del brano “Stelle nere”) e Fabio Martino (Yo Yo Mundi) e di numerosi artisti pugliesi (alla luce della considerazione che la forza del territorio possa esprimersi solo attraverso sane collaborazioni): Francesco “De Veggent” Fiorente (ex membro dei RedSka), Salvatore Piccione e Mimmo Frioli (Karma in Auge), Gualberto Giandomenico (Railway & Dogs) e Nicola Liuzzi (batterista e fondatore con Vanni La Guardia dei C.F.F. e il Nomade Venerabile).

“Canti notturni” è prodotto con il sostegno di “PUGLIA SOUNDS RECORD 2015” “REGIONE PUGLIA – FSC 2007/2013 – Investiamo nel vostro futuro” e con i preziosi contributi di “Palazzo Romano Eventi” di Gioia del Colle e dei raisers che hanno meravigliosamente partecipato alla campagna di crowdfunding (LINK).

lunedì 5 ottobre 2015

BABYLON ZOO "KING KONG GROOVER" (1998)


Torno a parlare di fumetto in ambito musicale e lo faccio con "King Kong Groover" dei Babylon Zoo. Questo secondo disco un pò sottovalutato dalla critica nostrana, resta comunque la miglior prova in studio della band britannica capitanata da Jas Mann. La nomea di "gruppo spaziale" ricamato dopo il successo precedente di "Space man" bagna la grafica esterna del packaging di un accattivante color argento (un accorgimento che porta alla mente le tute aliene dei vecchi telefilm di fantascienza) sulla quale si ritagliano, in copertina, poche lettere (nome band e titolo album) e il sintetico logo ideato dalla Electric Arts. La semplicità della confezione racchiude però un booklet molto movimentato con la colorata storia a fumetti realizzata da David Bircham e nella quale compare anche un eccentrico chitarrista dalle fattezze del vocalist della band. Il fumetto è un chiaro riferimento al video del singolo di lancio del disco, quella "All the money's gone" che sposa al suo ritmo sfrenato un eccentrico e dinamico videoclip realizzato in animazione (che potete vedere a seguire). Dopo le sei pagine a fumetti, il libretto chiude con pagine argentate sulle quali sono impressi i testi dei brani e i credits del disco. Nota di colore per il cd, di un azzurro accesso in sintonia con il logo presente in copertina.


© Andrea Buongiorno - info@buong.it

giovedì 1 ottobre 2015

P.G.R. "Per grazia ricevuta" (2002) e i primi passi di internet nel mondo musicale

Un tempo, specie negli anni 70, era facile imbattersi in copertine che offrissero sulla propria facciata stampe o particolari a rilievo che alterassero la superficie della carta; in seguito con la diffusione del compact disc come supporto principale del mercato discografico, questa pratica è andata sempre più esaurendosi salvo rari casi che, per ovvie ragioni, si sono ritagliate uno spazio speciale nella memoria degli appassionati. Questi casi si riferiscono soprattutto ad edizioni limitate, cofanetti, digipack e custodie cartonate, ecco perchè l'album del quale parliamo oggi, con la sua classica confezione in plastica, merita una menzione speciale.

Parliamo del disco di "esordio" dei P.G.R. (ex C.S.I.) la cui grafica, firmata da Michel Collet, ha la grande particolarità di non disporre di un booklet cartaceo ma multimediale sfruttando un momento storico nel quale i personal computer e internet andavano diffondendosi sempre più rapidamente negli uffici e nelle case private. Era curioso notare, sugli scaffali di un negozio di dischi, questa custodia nuda in plastica, con la sola presenza del retro-confezione cartaceo (che riportava internamente i credits dell'album ed esternamente i titoli dei brani) con una minimale grafica di copertina stampata direttamente sull'anta in plastica della custodia, mostrando di fatto lo scheletro del packaging con il vano ad accogliere il cd. Il booklet come detto non c'era fisicamente ma venne inserito come traccia multimediale all'interno del disco, rendendone possibile la consultazione al computer e rivelando una linea grafica ben diversa da quanto la scarna copertina lasci intendere: i files infatti rivelano creatività molto futuristiche con immagini create in computergrafica e non sempre ispirate ai contenuti dei testi. L’inserimento della traccia-rom in un CD divenne da lì a poco, grazie alla diffusione dei computer e del web, una pratica molto in voga nella discografia, solitamente sfruttata per proporre interviste e video-clip o note tecniche sull’album, rivoluzionando di fatto il prodotto musicale stesso e arricchendolo di nuovi contenuti. Nel caso di questo disco poi, l'elettronica e i computer giocarono un ruolo fondamentale anche per le sonorità espresse in fase di ascolto.


La grande diffusione dell’informatica e di internet in quei primi anni del 2000 ha reso il computer uno dei mezzi più sfruttati per la diffusione e la promozione di un disco o di una band! Su internet infatti ogni artista ha un proprio sito web e vista la facile accessibilità a questi servizi, anche un gruppo emergente o un semplice amatore può (aprendo un suo sito) promuoversi attraverso internet e ottenere una discreta visibilità. Prova di quanto successo abbia avuto questa pratica, sono le tantissime webzine disseminate nella rete, giornali di musica non acquistabili nelle edicole ma consultabili online che hanno la possibilità (spesso in maniera del tutto gratuita) proporre ogni giorno le novità discografiche e permettere a un utente di leggere ogni qual volta vuole un vecchio numero della propria rivista preferita. In seguito a quei primi passi, nacquero anche le web-radio, vere stazioni radiofoniche che sfruttano le linee dell’etere per trasmettere i propri programmi musicali. Anche questo servizio è di facile attivazione e a costi ridotti, cosa che sottolinea la possibilità (con internet) di poter fare/promuovere/trasmettere musica in maniera indipendente trasformando le web-radio in una sorta di radio libere del nuovo millennio.

Il rapporto di internet con la musica divenne paradossalmente molto più saldo con la nascita di programmi peer to peer (p2p) come Napster, WinMX o E-mule. Questi programmi di scambio dati tra utenti di tutto il mondo, hanno prodotto due esiti molto diversi. Se infatti da un lato lo scambio e la diffusione di musica a livello mondiale ha prodotto una maggiore promozione e conoscenza delle diverse realtà musicali altrimenti sconosciute, dall'altro lato ha aumentato la diffusione della pirateria informatica, in quanto lo scambio selvaggio di materiale musicale (e non solo) ha di fatto messo in crisi il mercato discografico abbattendo in maniera significativa i numeri legati alla vendita di supporti fisici musicali.

Dopo un decennio di diffusione del web, lotta alla pirateria e regolamentazione della rete, internet si è trasformata oggi nel primo luogo di promozione e vendita di musica grazie a negozi online, community visive come Youtube o applicazioni come Itunes che sono, oggi, indice di gradimento musicale (e non solo) che produce classifiche più monitorate (mediaticamente parlando) rispetto ai dati di vendita dei normali negozi. Nell'ultimo biennio si è anche affermata la pratica del crowdfunding che permette agli artisti di produrre un proprio album o un tour, attraverso la raccolta online di sovvenzioni dirette da parte dei propri sostenitori, denotando come le attenzioni si siano ormai rivolte in ampia parte sul web, segno di un nuovo modo/mondo di intendere la diffusione musicale in maniera più libera, più immediata, variegata e alla portata ormai di tutti.

© Andrea Buongiorno - info@buong.it

domenica 27 settembre 2015

IRON MAIDEN "BOOK OF SOULS" (2015)

Ogni nuovo album degli Iron Maiden genera una grande attesa per ciò che riguarda i nuovi brani, il successivo tour e, cosa da non sottovalutare, la grafica che accompagna la pubblicazione del disco. Di "Book of Souls" si conosceva già qualcosa: un singolo promosso con un video ispirato ai videogames, un videogame vero e proprio a 8 bit giocabile gratuitamente online (clicca qui) e una copertina sobria, completamente nera con il mezzobusto di Eddie the Head (la storica mascotte dei Maiden) interpretata come fosse un guerriero Maya. Solo da contorno troviamo il logo della band e il titolo dell'album in un semplice colore bianco. Non ci sono comprimari, non ci sono scenografie, c'è solo Eddie che torna unico e assoluto protagonista in copertina come non si vedeva dal lontano 1992 ("Fear of the dark"): da allora la mascotte è stata trasformata e alterata graficamente, apparendo più come un personaggio ibrido piuttosto che una diversa interpretazione dell'Eddie originale.

Ciò che attrae di "Book of Souls" è che la semplicità della cover, nasconde al suo interno una grafica variopinta, violenta, accattivante, ricca di particolari che mantengono con la copertina il legame tematico dell'antico centro-America. Sicuramente è la "Limited Edition" la miglior versione uscita nei negozi, con la sua custodia nera in cartone rigido lucido e patinato che accoglie al suo interno un libretto rilegato di 28 pagine dall'aspetto "antico" che offre sulla sua copertina rigida una trasparenza del disegno della custodia nera e si chiude con un vano porta-cd che rivela una chicca grafica legata ai due dischi che sono decorati con una ricca grafica ispirata al calendario Maya (vedi qui) con la testa di Eddie questa volta non pittorica ma sintetizzata in un disegno a tinte piatte. L'interno del libretto (del quale ogni pagina è resa con un effetto antichizzato come fosse un antico diario) è un omaggio alla celebre ricchezza Maya, menzionata non solo nelle trasparenze di simboli, rilievi e disegni ma soprattutto in splendide illustrazioni dove Eddie è assoluto protagonista e tra le quali ha modo di affiorare anche un montaggio fotografico con il consueto scatto della band alla quale fa da sfondo la piramide di Chichén Itzà (Messico).

Di "Book of Souls" (il primo studio album degli Iron Maiden concepito come doppio) oltre alla versione "book" della quale ho parlato, c'è anche una versione cd nella classica custodia in plastica e una versione in triplo vinile dove, a differenza della spettacolare versione limitata di "The Final Frontier", i dischi sono semplicemente neri con grafica dedicata solo nei rispettivi centrini. Colpisce invece l'apertura delle ante, che rivelano all'interno un grande disegno, figlio di un nuovo montaggio di tre illustrazioni presenti nel booklet (guarda qui).  Se la resa audio dovesse seguire le corde della versione vinile di "The Final Frontier", ne sconsiglio vivamente l'acquisto.

A ogni modo, la bellezza grafica di "Book of Souls" non ha lasciato indifferenti i tanti appassionati e nel mese di Settembre, la nota rivista "Metal Hammer" nella sua edizione inglese ha creato una edizione speciale (ribattezzata "Collectors Edition") offrendo al suo interno svariate pagine dedicate a "Book of Souls" e creando per l'occasione una custodia cartonata sulla quale spicca una splendida copertina olografica che si rifà ad una delle illustrazioni incluse nel booklet del disco (l'effetto è analogo a quello che gli stessi Iron Maiden attuarono ai tempi di "Virtual XI"). La rivista, non venduta in Italia, può però essere acquistata online e spedita in tutto il mondo (clicca qui).

"Book of Souls" è quindi un album esteticamente da possedere, stringere fra le mani, sfogliare, assaporare e vivere perchè pregno di spunti interessanti. Non stupisce quindi che siano in tanti i creativi ad averci lavorato (mai così tanti ad un album della Vergine di Ferro) che sotto l'art direction della Stuart Crouch Creative hanno messo il proprio talento a disposizione del progetto: Mark Wilkinson ha firmato le illustrazioni (sue, tra le altre, furono anche quelle di "Wicker Man" e "Out of the silent planet"), Anthony Dry ha disegnato le grafiche dei due dischi, Julie Wilkinson si è invece occupata dei codici Maya, lo studente Simon Martin è stato assunto per la traduzione dei titoli dei brani in geroglifico e Jorge Letona ha lavorato sui fonts. John McMurtrie è invece l'autore della già citata fotografia della band. Un team variegato e ricco, esattamente come questo sedicesimo album in studio degli Iron Maiden. Imperdibile.

© Andrea Buongiorno - info@buong.it (foto reperite dal web)

sabato 29 agosto 2015

MIMMO LOCASCIULLI E I GIALLI MONDADORI PER "INTORNO A TRENTANNI" (1982). STORIA DI UN FENOMENO EDITORIALE CHE HA ISPIRATO ANCHE LA GRAFICA MUSICALE.


Un filone editoriale che aveva ottimi riscontri di vendita negli anni 70 era quello dei romanzi polizieschi pubblicati dalla Mondadori sin dal 1929. Caratteristica di questa collana era il giallo con il quale erano colorate le copertine e l’enorme successo della collana (e la sua longevità) hanno permesso di nominare come "giallo" tutto un intero filone narrativo legato al poliziesco, al thriller, all’attività investigativa e di suspense; un nome entrato ormai nel linguaggio comune e che non trova traduzione nei paesi esteri, dove infatti c’è una forte divisione dei diversi generi che compongono il giallo: detective story, police procedural, mistery, ecc ... una divisione inesistente in Italia, in quanto la Mondadori finì per pubblicare tutti questi generi nella stessa collana creando una generalizzazione di tematiche. Negli anni 70, i "Gialli Mondadori"  vissero un momento di rivitalizzazione nel momento in cui la collana subì un ricambio generazionale (in quel decennio morirono infatti Agatha Christie e John Creasey mentre George Harmon e Ross Macdonald cessarono per motivi d’età).

La nuova vampata ideologica degli anni 70 invase anche i "Gialli" che dopo un periodo conservatore identificato con una ideologia di destra, cominciarono a raccontare di città e paesi di campagna abitati da medi borghesi. Sparirono anche i gangsters per essere sostituiti da affaristi senza scrupoli che, dietro le maschere di imprenditori dediti al lavoro, miravano a commettere le peggiori nefandezze. Si cerca inoltre di dare maggior spessore ai personaggi ma soprattutto c’è un aumento deciso della scrittura al femminile in pieno parallelismo con le nuove emancipazioni del gentil sesso (sono anni infatti nei quali le donne ottengono diverse vittorie con l’approvazioni di leggi sull’aborto e sul divorzio e anche con la difussione, finalmente anche in Italia, delle pillole anticoncezionali). Dal 1970 viene tradotto per la prima volta in Italiano il romanzo “Il mio peggior nemico” di Ruth Rendell, l'autrice che presto si affermerà come la maestra del giallo ambientato nella vita di tutti i giorni e che farà da caposcuola per diverse altre scrittrici. Le scrittrici non sono femministe (nonostante il periodo potesse far credere il contrario) ma mostrano una ben diversa sensibilità, sanno offrire una lucida testimonianza della condizione femminile, le donne infatti possono essere soggette alle stesse inclinazioni degli uomini, con altrettanta intensità e in diverse occasioni, la suspense che dà il ritmo alla storia viene creata dalla fragilità interiore di queste figure femminili che non hanno la forza di uscire da una situazione critica. Va segnalato inoltre che quasi tutte le storie pubblicate dalla Mondadori erano di produzione inglese con alcuni (rari) casi di scrittori francesi e tedeschi; solo dal 1977 si tornerà a leggere di romanzi scritti in Italia, a sottolineare il successo della collana.

Divenuti fenomeno di costume letterario e creativo, i "Gialli" erano ben riconoscibili sugli scaffali delle librerie grazie ad una grafica sobria e divenuta ormai iconica che ha finito per ispirare anche il settore dei fumetti (forse Kriminal ideato da Max Bunker fu il personaggio simbolo di quel periodo con il suo costume nero e... giallo), del cinema e della musica. Nel 1982 è curioso il caso del cantautore Mimmo Locasciulli che pubblicò "Intorno a trentanni", quello che era il suo quarto album in studio. L’artwork (che ritraeva l'artista in giacca e cravatta) porta la firma di Roberta De Tuddo, Luciano Castelli e Francesco Logoluso e risultò essere sì semplice nella struttura ma preciso nella citazione della collana Mondadori, tanto da riprenderne non solo il colore di fondo (il giallo) ma anche le componenti grafiche e stilistiche del disegno (pittorico) di copertina per un risultato creativo molto apprezzato per l'epoca. Un vero e proprio omaggio alla collana forse più amata dai lettori italiani.

© Andrea Buongiorno - info@buong.it

venerdì 28 agosto 2015

IN ATTESA DEL NUOVO ALBUM, "SPEED OF LIGHT" DIVENTA UN VIDEOGAMES DA GIOCARE APPASSIONATAMENTE ONLINE.

Il 4 Settembre sarà nei negozi di dischi l'attesissimo nuovo album degli Iron Maiden "The book of souls" che sarà il primo disco in studio concepito dalla band britannica come un doppio album del quale parlerò graficamente solo dopo la sua uscita. Come noto, il singolo di lancio è il vorticoso brano "Speed of light" accompagnato da un video (visionabile in basso) che strizzando l'occhio a quanto creativamente fatto ai tempi di "Virtual XI" con il progetto "Ed Hunter", tira in ballo il mondo dei videogames passando in rassegna molte citazioni di titoli molto famosi degli ultimi 30 anni come Tomb Raider, Doom, Ghost n' Goblins e altri. Questa idea, che ha ingolosito moltissimi appassionati, ha reso possibile la creazione di un vero videogame che è possibile giocare online e che non solo fa riferimento diretto al singolo di lancio già citato ma anche alla grafica delle consolle anni 80 con tutta l'emozione e il romanticismo che possono esprimere i mai dimenticati 8 bit.

Per giocare a "Speed of light" cliccate sul seguente link:



© Andrea Buongiorno - info@buong.it

giovedì 27 agosto 2015

GRAZIANO ROMANI "ZAGOR KING OF DARKWOOD" (2009)

Dal suo passato nei Rocking Chairs, Graziano Romani ha proseguito un cammino votato al rock n' roll fatto di sangue e sudore, sempre accompagnati dalla sua inconfondibile e caldissima voce. Appassionato di fumetti, il cantautore emiliano ha firmato con Moreno Burattini la bella biografia di Gallieno Ferri "Ferri: una vita con Zagor" (2009) anticipando di qualche mese l'uscita di questo splendido concept-album di rock-folk dedicato allo Spirito con la scure, quello Zagor che appassiona da cinquantanni i lettori di tutte le età. Il disco "Zagor King of Darkwood" è uno splendido omaggio musicato di (e da) un fan quale è Romani, alle avventure e ai personaggi protagonisti della serie bonelliana. Lo stesso Sergio Bonelli (ideatore di Zagor dietro lo pseudonimo di Guido Nolitta) dedica un emozionante saluto a Graziano, arricchendo il booklet insieme ai bellissimi testi in inglese (ma accompagnati dalle rispettive traduzioni in italiano) e agli scatti di Riccardo Landini che ritraggono un Graziano Romani elegantemente genuino.

Il pezzo forte della grafica è ovviamente la cover, realizzata da Gallieno Ferri (con i colori di Gian Mauro Cozzi) che dopo centinaia di copertine zagoriane cartacee, ne realizza una destinata alla musica. Una "firma" che rende questo progetto ulteriormente prezioso e appetibile ai collezionisti e agli appassionati di musica e di fumetti. Lo stile di Ferri è inconfondibile ed è impossibile non riconoscere i vari personaggi che, in fila indiana, vanno a riempire la grafica dell'album: da Zagor a Cico, passando per Guitar Jim! Eccezionale il dischetto, ovviamente rosso, con il logo di Zagor in bella mostra e i fonts dal forte richiamo degli anni settanta. Insomma una vera chicca discografica che non può mancare nella collezione di qualsiasi appassionato! "Zagor King of Darkwood" era accompagnato nella distribuzione da un bel quaderno di 15 pagine che raccoglie testimonianze, citazioni, articoli e copertine inedite di Ferri, rendendo ulteriormente succulento il suo acquisto. Graziano Romani ci regala così non solo un gran bel disco ma anche un pezzo da collezione da riscoprire e possedere.

Dalla tracklist, voglio mostrarvi il video di "Darkwood". Buona visione.



© Andrea Buongiorno - info@buong.it

mercoledì 26 agosto 2015

DISCIPLINATHA "UN MONDO NUOVO" (1994)

Spesso ho affermato che il mio innamoramento per la grafica musicale nasce negli anni 90 e che questa passione esplose negli incontri di idee, colori e significati delle copertine firmate da Diego Cuoghi per le pubblicazioni del Consorzio Produttori Indipendenti. Diego, del quale mi onoro di godere della sua amicizia, è stato una delle figure più prolifiche dell'attività copertinistiche degli anni novanta italiani e spesso, durante le nostre chiacchierate, mi ha raccontato simpatici e singolari aneddoti, come nel caso della copertina odierna, realizzata per il primo album targato C.P.I. del gruppo bolognese dei Disciplinatha. Diego mi raccontò: "La prima copertina dei Disciplinatha la trassi da un volantino dei Testimoni di Geova. Me lo aveva portato il cantante del gruppo, Dario Parisini. Si vedeva la classica "famiglia ideale" in una specie di luogo idilliaco. In questo mondo perfetto però avevamo deciso di far entrare un elemento perturbante, la sfera tecnologica tenuta in mano dal capofamiglia. In origine l'uomo aveva una cassetta di frutta e attorno alla famiglia c'erano diversi animaletti, e dei carpentieri che costruivano la casa sullo sfondo, tutti elementi che ho cancellato per rendere più semplice l'immagine. Successe però che un testimone di Geova vide il disco in un negozio, pensò ad un uso offensivo di una loro pubblicazione e si rivolse ad un avvocato per denunciare la casa discografica per l'uso improprio di una immagine protetta da copyright. La casa discografica per non avere grane legali propose la sostituzione della copertina con una diversa, così solo le primissime copie di quel disco furono stampate con l'immagine incriminata". Le due versioni della copertina le possiamo vedere a sinistra, notando come nella versione definitiva (quella in alto) la famiglia felice sia stata sostituita con la già citata sfera tecnologica che per un breve periodo divenne una specie di logo della band emiliana. E' facile immaginare che i fortunati possessori della prima stampa con la copertina censurata, possano contare oggi su un piccolo cimelio della discografia alternativa italiana.

Di quel disco risultava interessante anche l'interno con una immaginetta verticale che ritraeva la silhouette della bassista Roberta Vicinelli dinnanzi ad un palazzo in fase di esplosione e l'uso di piccoli simboli a "tradurre" i testi del brano "Lontano scintillante" (che potete ascoltare cliccando il video che segue). A chiudere la grafica, una foto della band e una riproduzione della sfera tecnologica sul cd, entrambe rese con toni psichedelici di verde e viola.



© Andrea Buongiorno - info@buong.it

martedì 25 agosto 2015

KISS "YOU WANTED THE BEST... YOU GOT THE BEST!!" (1996)

Oggi c'è una novità, attingo infatti la copertina odierna non da una versione in vinile o cd ma da una versione in musicassetta. Faccio ciò perchè molto singolare (nonchè rara) è l'idea di proporre musicassette in plastica colorata specie quando il mercato delle mc stava subendo i primi gravi colpi per l'imporsi rapido del cd. "You wanted the best ... you got the best" (1996) è l'ennesima incisione live dei Kiss, una delle band più amate della scena rock capace di sfornare decine di cavalli di battaglia tuttora apprezzati da migliaia di fan in tutto il mondo!



Come si vede dalla foto, balza subito all'occhio la cassetta rosso rubino che fa subito pensare al rosso delle labbra di Paul Stanley (lo storico chitarrista) che non a caso in copertina è colui che dona un bacio all'osservatore. Nella copertina abbiamo un divampare di fiamme dal quale emerge un bel ritratto dei membri della band truccati nelle loro classiche maschere da spettacolo. Sui quattro spicca molto Gene Simmons, il bassista, che stavolta regalando un ghigno rinuncia a mostrare la sua voluminosa lingua (i volti dei Kiss ricompaiono anche sulla costina della confezione ma disegnati al tratto in bianco e nero). All'interno non ci sono particolarità se non un paio di foto live della band (nelle quali emerge il loro classico stile di trash-glam-rockers) e una inserzione pubblicitaria al volume biografico "Kisstory". Di questo album, nel 1998, venne anche rilasciata una versione in picture disc con riprodotta sulla facciata del vinile, l'immagine di copertina. Concludo dicendo che l'artwork del disco porta una duplice firma, quella di Ron Ransom e Louis Marino.

© Andrea Buongiorno - info@buong.it

lunedì 24 agosto 2015

Tool "Lateralus" (2001): il capolavoro grafico tra segni, simboli e codici nascosti.

Le evoluzioni delle tecnologie e della computergrafica, era quanto più rappresentasse il nuovo millennio e in ambito musicale c'era una band americana che in molti innalzavano a simbolo di quel periodo di forte crescita tecnologica e futuristica; la band si chiama Tool ed è capitanata dal vocalist James Maynard-Keenan. Il gruppo in questione ha sempre avuto un occhio di riguardo nei confronti della grafica e della produzione di videoclip, sono divenuti famosi infatti quelli realizzati per i brani “Schism” e “Stinkfist” con surreali e alieni personaggi di plastilina, animati in ambientazioni oscure. Tra le loro copertine vale la pena di menzionare il protagonista di questo articolo, lo splendido “Lateralus” (2001), il cui artwork porta le firme di Adam Jones e Mackie Osborne.

Escludendo la versione in vinile (non particolarmente intrigante) parleremo della versione cd che è composta da due componenti: la custodia classica in plastica e l’involucro che la contiene. Quest’ultimo è interamente realizzato in plastica scura affumicata con due aperture ai lati (per far entrare la confezione sopra citata) e alcune zone trasparenti (intorno al nome del gruppo e al titolo dell’album) che svelano la copertina sottostante. Sul retro sono stampati in argento i credits e i titoli dei brani, in una grafica simile a quella di piccoli componenti informatici come fossero parti di una scheda computerizzata. E' però la classica confezione in plastica a risultare il cuore del concept, attraendo per le sue ipnotiche trasparenze e per la sua forte carica innovativa. L’immagine di copertina mostra un uomo a mezzobusto con muscoli e cartilagini in vista, avvolto da simboli e fantasie di richiamo orientale. Questa illustrazione è opera di Alex Grey, sessantenne pittore americano che ha fatto di queste illustrazioni “anatomiche” il proprio marchio di fabbrica.


La particolarità del libretto di “Lateralus” è che la copertina di Alex Grey non è stampata sulla prima pagina, in quanto è prodotta dalla sovrapposizione delle diverse pagine trasparenti del booklet, ognuna delle quali porta stampata una diversa immagine che sovrapposta alle altre genera (a libretto chiuso e osservato dalla copertina) l’immagine integrale e definitiva. La cover si sviluppa non sulla sola prima pagina ma coinvolge l’intero booklet rivoluzionando l’idea stessa di copertina. In alto vediamo proprio la copertina integrale formata dalle sovrapposizioni delle varie pagine, mentre in basso abbiamo due pagine interne del booklet che oltre a mostrarne la base trasparente, spiegano bene anche la composizione di due delle immagini interne che compongono la cover definitiva. Il gioco di trasparenze si ripete anche sul retro della confezione (in basso) dove assistiamo a un’altra ipnosi cromatica virata in azzurro e che decora interamente sia la facciata che l’interno del retro cover (protetto dal piano che ospita il CD); anche in questo caso la base in plastica è trasparente.


Sul brano “Lateralus” che da il titolo al disco, dobbiamo aprire una parentesi in proposito dei riferimenti tra disco e cover: sulla copertina è disegnata una spirale logaritmica legata alla sequenza dei numeri di Fibonacci, basata sulla serie matematica scoperta da quest'ultimo nel 1202 d.c. in cui ogni numero dopo il secondo è la somma dei due numeri precedenti: 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21… le strofe del brano "Lateralus" sono sillabate in modo da ottenere esattamente la serie di Fibonacci: “Black (1) then (1) white are(2) all I see (3) in my infancy (5) red and yellow then came to be (8)” e così via… insomma un lavoro curatissimo e fantasioso, che rende questo disco memorabile sia per la componente sonora di eccelsa qualità che sia per quella grafica e visiva, una copertina davvero splendida e intrisa di significati che porta l’artwork in questione al grande livello delle gimmick cover da LP degli anni 70. Una vera opera d’arte che appare quantomeno rara, visto che difficilmente le etichette discografiche sono disposte a investire denaro in una copertina così tecnicamente elaborata. Con “Lateralus” assistiamo a uno dei migliori lavori creativi legati alla discografia, un capolavoro assoluto di creatività.

© Articolo di Andrea Buongiorno - info@buong.it

domenica 23 agosto 2015

Svelato il packaging di "Rattle That Lock" di David Gilmour, in uscita il 18 Settembre 2015

Come molti di voi sapranno, il 18 Settembre 2015 uscirà il nuovo attesissimo album solista di David Gilmour "Rattle That Lock". Come ogni opera che riguardi i Pink Floyd e i suoi membri in ambito solista, c'è sempre tanta attenzione riguardo l'aspetto creativo del packaging di una nuova uscita; un'attesa creatasi in decenni di ottima musica accompagnata dalle visionarie interpretazioni del compianto Storm Thorgerson e il suo studio Hipgnosis. Se la copertina (che vedete a fianco) era già stata svelata settimane fa, è possibile da pochi giorni poter visionare sul sito della Creative Corporation, un'interessante pagina web (che ho scoperto grazie alla segnalazione su Facebook di Nino Gatti) che mostra l'intero packaging firmato da Dave Stansbie in collaborazione con Aubrey Powell del già citato studio Hipgnosis. Colpisce più che la versione in vinile, quella in cd+dvd che contiene anche un book di 48 pagine di "Paradise Lost (book II)" di John Miltons, oltre ad altra memorabilia di alto pregio. Da notare che la confezione riprende la struttura già vista l'anno scorso per "The Endless River" (ultimo album, in tutti i sensi, dei Pink Floyd a detta di Gilmour).

Non voglio togliervi ogni sorpresa e quindi vi invito a visitare il link:

Il disco intanto è stato lanciato dal primo singolo che dà il titolo all'intero album. Chi non l'avesse ancora sentito, può visionarne il video qui di seguito:


© 2015 Andrea Buongiorno - info@buong.it

sabato 22 agosto 2015

Si ricomincia...

Solitamente mi si conosce per il mio mestiere. Faccio grafica, faccio fumetti, genero sorrisi. Non tutti sanno però che da tanti anni vivo con passione l'interesse per la grafica musicale. Una passione che mi ha portato a dedicarle la mia tesi presso l'Accademia delle Belle Arti di Bari e che mi ha spinto per molti anni a scrivere dell'argomento presso webzine e blog dedicati all'argomento, con un crescente successo che ha indotto spesso alla partecipazione non solo altri appassionati ma anche musicisti e professionisti della creatività grafica in musica. Dopo anni di pensieri, articoli e segnalazioni, il mio blog venne cancellato per il fallimento della ditta che gestiva il server sul quale era allocato e da allora non ho più scritto. Nè per me, nè per altri. Un pò per nostalgia e un pò per il desiderio di condividere le mie emozioni legate alla grafica musicale, ho deciso di far nascere un nuovo COPERTINE MUSICALI (così si chiamava il mio blog del quale vedete in basso il frontone) per tornare a parlare di copertine, autori, grafici, colori e tecnologie, sperando di riscuotere quei medesimi successi ottenuti su quelle vecchie pagine andate perdute.

Buona lettura.